STRALCIO VOCI DEL DIZIONARIO DISTINTE PER ORIGINE
(tra parentesi, il numero dei termini censiti)
 

Greco (circa 80)

battarìa. Rumore, frastuono. Gr. βατταρίζο, battarìzo (onomat.), cianciare, balbettare.

catòghiu-catòiu. Piccola e misera abitazione al piano terra. Erano così denominate le abitazioni del popolo. Il termine è testato nel 1700, ma già nel Declarus, 1348, A. Senisio scrive: "....domus sub solarium, que dicitur chatogius". Gr. κατ'οîκον, kat'oikos, lett. "sotto della casa".

ciminìa
. Canna fumaria, fumaiolo. Gr. καμιναία, kaminaìa, fornace. A. Senisio, Declarus, 1348, "fumarolus, que vulgo dicitur chiminia, que fit ad evitandum fumum;...."

gràsta
. Vaso da fiori in terracotta. Gr. γάστρα, gastra, guscio, carena, per similitudine di forma.

lèmma, lèmmu
. Vaso fondo di terracotta, smaltato bianco-verde scuro, a forma tronco-conica inversa, utilizzato in cucina principalmente per impastare la farina; limmòttu, piccola lemma di forma similare. Gr. λέμβος, lembos > lat. lembus, piccolo scafo, barca, per similitudine di forma.

matacùbbiu. Genericamente, ogni sorta di residuato di volume ingombrante e inutile (macchinario obsoleto, inservibile e senza valore; piccola o media struttura muraria ridotta a rudere in una strada o piazza, etc.). S'avà livàri ssu matacùbbiu di 'nmèzzu 'a casa, si deve rimuovere quel macchinario inservibile che ingombra inutilmente la stanza; ssu matacùbbio attùppa mèzza stràta, quel rudere inservibile tappa metà strada. Gr. μάταιος, mataios (inutile, senza valore) + κύβος, kubos (cubo).

pitrusìnu
. Prezzemolo. Gr. πετροσέλινον, petrosèlinon,lat. petroselinum

scaliàri. Rovistare, cercare qualcosa smuovendo terra, carte, oggetti, etc.; (gh)è mìsu chi scalìa 'unnegghiè, è messo che rovista dappertutto. Fig., indagare; ma chi vvà scaliànnu… ma cosa vai cercando (indagando), cosa pensi di scoprire… Gr. σκαλύω, skalèio, raschiare, scavare, zappettare.

Brucoli (SR). Il borgo marinaro ed il fiordo.
Tra i primi insediamenti Greci in Sicilia (VIII sec. a.c.)

Scorcio dell'Acropoli di Selinunte (Castelvetrano - TP -)


Latino (circa 700)

addrìghiri. Selezionare, scegliere il meglio tra tante cose. Rifl., addrighìrisi, scegliersi; s'addrighìu 'u mègghiu mègghiu! Si è scelto il meglio! Lat. eligere, scegliere, eleggere con il pref. ad > al ed aferesi della e iniziale.

addrivìsciri-arrivìsciri
. Resuscitare, sia in senso mat. che fig.. Lat. viscera, arum > viscus, eris (tutte le parti interne del corpo), con i pref. ad (verso) + re (di nuovo), con il sign. di "ritorno alla vita".

cannavàzzu
. Strofinaccio per pavimenti. In senso fig.-alleg., è un insulto che viene proferito per dire ad una persona che è senza dignità, per essere venuta meno alla parola data o per altri comportamenti scorretti. Lat. b. cannabàtium, canevàsium (der. da cannabis, canapa). L'affinità morfo-fonetica dei due termini, sic. e lat., è tale da ritenere ininfluente una mediazione del prov. canebàs, del fr. canevas o dello sp. canamazo.

ficazzàna. Fico fiorone, primizio (cfr. bìfara). Lat. comp. da ficus + antiana, der. da antea, prima.



Anfiteatro di Taormina
fiddràri. Affettare, tagliare a fette. Vrb. der. dal sost. fèddra, fetta; Si usa prevalentemente per il pane; fiddràtu, affettàto; fiddruliàri, ferire gravemente a coltellate; usato da sempre, prevalentemente, nella frase "fiddruliàri 'a fàcci", lett. tagliare la faccia, che stà per "sfregiare il viso a coltellate"; fiddruliàtu, sfregiato; ci'arristà(ò) a fàcci fiddr(i)àta-fiddruliàta, gli è rimasto il viso sfregiato, gli è rimasta la cicatrice nel viso; fiddruliàrisi, prendersi a coltellate; sifiddruliàru, si sono presi a coltellate; fiddruliàta, rissa a coltellate. Lat. volg. phyllidiare > cl. findere.

fìssa*
. 1. L'organo genitale femminile; 2. Fig., scemo, stupido, sciocco (f. = m.); ma vìdi quantu sì fìssa…, ma guarda quando sei scemo/a…; fàri 'u fìssa, fingersi sciocco, far finta di non capire o di non sapere, fare il finto tondo; fissarìa. a. Bugia in senso largo; storia, racconto non vero, 'un dìri fissarìi, non raccontare balle. b. Inezia, sciocchezza, cosa da poco, senza importanza, senza conseguenze; è 'nà fissarìa, è una sciocchezza; 'un ti proccupàri, (gh)è 'na fissarìa, non ti preoccupare, è una sciocchezza; fissiùsu (agg.). Vanitoso, narcisista, spavaldo, eclettico. Rifl. fissiarisìlla. a. Stare senza far niente, bighellonare; s'a fissìa tutt'a ghiurnàta, sta tutto il giorno a bighellonare, senza far niente. b. Attendere con fini ambigui, far finta di niente, stare in attesa strategica; s'a stà fissiànnu..., sta temporeggiando (in senso strumentale, strategico); sfissàri, rompere, danneggiare. Lat. fissus, f. fissa,* sost. der. dal p.p. di findere, fenditura, piccola spaccatura.
*Viene denominata anche nnàcchiu, pàcchiu, stìcchiu, - v. voci -.

guttùma
. Restringimento della gola causato da angoscia, agitazione nervosa o commozione; 'nguttumàrisi, vrb. rifl., angosciarsi, commuoversi; p.p. 'nguttumàtu, visibilmente angosciato o commosso. Direttamente dal lat. guttur, gola. (Cfr. it. "gutturale").

lànzu
. Vomito. Fig., sdegno, repulsione; fàri vèniri 'u lànzu, far venire il voltastomaco; lanzàri, vomitare. Rifl., lanzàrisi, vomitarsi. Lat. volg. lanzare, lanzeare, lanciare, scagliare, espellere, per estensione; la mediazione dello sp. lanzar non appare influente.

mugghèri
. Moglie. Lat. mulier,* con o senza la mediazione dello sp. mujer.* Il sign. orig. era genericamente di "donna", non di moglie (uxor). Pertanto potrebbe avere assunto il sign. dallo spagnolo, lingua in cui significa "donna, signora, moglie".
* In ambedue i casi il sistema morfologico siciliano porta alla stessa pronuncia (lat. li e sp. j = gh - v. mutamenti -).

'ngùrdu
. Rozzo, grossolano, incolto, sgraziato. Lat. comp. da in (pref. intens.) + gurdus, agg., stupido.

palùmma
. Colomba; palummèddra, colombella. Fig. palummìnu, palombino, con riferimento alla conformazione convessa del torace di un uomo. Lat. palŭmba, sp. paloma. Il termine "palomba, palombella", di orig. lessicale, attraverso il linguaggio letterario, è poi entrato nell'italiano.

pirtùsu. Buco, foro; pirciàri, bucare, forare; pirciàtu, bucato; pirciati-pirciatèddri, bucatini; spirtusàri, bucare, traforare. Fig. spirciàri, avere voglia di scherzare, di trasmettere allegria, essere di buon'umore; a tìa ti spèrcia e a mìa scànciu mi siddrìa! Tu hai voglia di scherzare e a me invece scoccia; 'i còsi ccì vànnu bbòni e ccì spèrcia, le cose gli vanno bene ed ha voglia di scherzare. Lat. pertusum, p.p. di pertundere, lat. volg. pertusiare. Il verbo pirciàri, prob., con la mediazione del fr. percer (1100), bucare, forare. G. Meli, 1740-1815, L'origini di lu Munnu, pirtusi.

scisùni
. Diarrea. Lat. scissus, lacerato, rotto, separato, spezzato.

scrìma. La riga dei capelli; spàrtiri 'a scrìma, fare la riga nei capelli. Lat. discrimen, linea di separazione, da cui l'it. discriminare.

scùncica
. Scherno, dileggio, derisione; l'atto di fare il verso; scuncicàri, schernire, prendere in giro, deridere facendo il verso in modo provocante, sfottere scimmiottando. Lat. b. comptiare, concìare, concicare > cl. comere, "abbellire, acconciare, mettere in ordine, ornare", con il pref. di neg. s, che conferisce al termine il sign. inverso (nel caso, con estensione in senso fig.).

sparatràppu
. Cerotto per medicazione. Lat. med. sparadrapum > fr. sparadrap (drap esparè, panno cosparso da unguento).
         Piazza Armerina (EN). La Villa Romana del Casale (UNESCO - Patrimonio dell'Umanità),
IV sec. d.c. Si estende per oltre 3.500 mq.. Annovera più di 40 pavimenti a mosaico policromo.

spìngula
. Spilla-o; spingulùni, spilla da balia. Lat. ant. spingla*, sincopato di spinula, dim. di spina, da cui anche il fr. epingle, forcina ed il prov. espinglo. *sping(u)la.
sprucchiàri. Avere un forte desiderio di qualcosa che non si riesce ad avere, sia in senso mat. che fig., quasi "essere in astinenza"; stàri sprucchiànnu, sign. "star soffrendo di brutto per una forte voglia di qualcosa che non si riesce ad avere o per un desiderio inesaudito"; stàiu (stè) sprucchiànnu di pitìttu, ho un forte appetito da star male; stàiu (stè) sprucchiànnu pi bìdiri a mè fìgghiu, sto soffrendo molto per vedere mio figlio, perché non vedo mio figlio da molto tempo. Lat. procare, domandare, chiedere, invocare, con il pref. intens. s.

stigghiòlu
, pl. stigghiòli-a. Cibaria tipica della cucina povera siciliana fatta con budella di capretto. Lat. volg. extilia, intestini, con il suffisso den.-descr. olu-ola. (v. foto)

straminiàri
. Spargere disordinatamente, buttare le cose di qua e di là. Lat. comp. dal pref. extra (fuori) + minare (spingere).

tòrbitu
. Irrequieto, disubbidiente, indisciplinato. Lat. turbidus, nel suo sign. orig. di scompiglio, disordine.

turìlla
. Litigio, questione, cavillo; attaccàri turìlla, creare questioni con o senza motivo; turillùsu; causidico, persona che trova sempre un pretesto per litigare o creare problemi. Lat. Taurilia (giochi Taurii*), evoluzione dell'idea di competizione a quella di lite.
* I Ludii Taurii erano competizioni con le bighe o corse di cavalli;  si celebravano nel Circo Flaminio; sembra che siano stati introdotti a Roma da Tarquinio il Superbo e dedicati agli Dei dell'oltretomba per invocare la fine dell'epidemia mortale (magna pestilentia) che colpiva le donne incinte.

virtìcchiu
. Fig. convulsione; ccì vìnni 'u virtìcchiu, gli sono venute le convulsioni. Lat. volg. verticulus> vertex, icis , turbine, vortice.

vuttèra
. Denomina specificamente una fessura minuscola del tetto che causa stillicidio da infiltrazione d'acqua. Lat. guttus, denominazione che i Romani diedero ad una specie di calice con il collo stretto e la bocca piccola, tale che l'acqua ne usciva goccia a goccia. Era usato nei sacrifizi per versare il vino nella patera (specie di scodella quasi piatta).


Arabo (circa 70)

arrùsu-garrùsu-iarrùsu. Omosessuale (passivo). Ar. 'arûsah, bambola, sposa (con evoluzione a significato osceno).

azzizzàri
. Sistemare, aggiustare, abbellire, adornare. Ar. aziz, zizha, splendido, prezioso; prov. azesmar, disporre, sistemare. (Cfr. zisa)

bizzeffi - a bizzeffi
. A iosa, a mucchi, molto, in abbondanza. E' riccu?..., riccu??? Picciuli nn'àvi a bizzeffi!, E' ricco?..., ricco??? Soldi ne ha a palate! Manciàri ccinn'èra a bizzèffi, cose da mangiare ce n'erano in gran quantità. Ar. bizzaf.

cabbasìsi
(non si usa al singolare). Testicoli; 'un mi rrùmpiri i cabbasìsi, non rompermi i coglioni. V. Mortillaro, 1740-1815, riporta il termine cabbasìsa come pianta commestibile, coltivata in Sicilia nei luoghi umidi, originaria dell'Africa, che produce piccoli tuberi-bacche* da cui si ricava un latte usato in medicina (attualmente detta coltivazione non risulta più praticata). Il termine dovrebbe derivare dall'arabo habb (bacca) + azïz > habbazïz (pregiato), come l'it. babbagigi.
* Da qui il senso fig. di "testicoli", per similitudine di forma.

gèbbia
. Cisterna, vasca di campagna medio-grande, aperta, in muratura, utilizzata per la raccolta dell'acqua destinata all'irrigazione. Ar. giabìya. A. Senisio, Declarus, 1348, "Colimbus... locus tenes aquas, ut gebia".

giuràna
. Rana. Ar. jrhranat.

tabbùtu
. Bara, cassa da morto. Ar. tabut. A. Senisio, Declarus, 1348, ".... tabutus, vel lectus mortuorum".

taliàri
. Guardare, osservare; picchì mi talìi?, perché mi guardi? Tipica l'espressione "talè, talè!", cioè "guarda, guarda!"; taliàtu, p.p. m., guardato; 'unn'àiu taliàtu, non ho guardato; ma chi ti sènti taliàtu? Lett. "ma che ti senti guardato?" Espressione ironica per dire "pensi di essere attraente?" taliàta. a. p.p.f., guardata; chìddra si sènti taliàta..., quella si sente guardata (fa la civetta). b. sost., sguardo; dàcci nà taliàta, dagli uno sguardo; vale a dire "controlla", oppure "tienilo sott'occhio", oppure ancora "leggilo e dimmi cosa ne pensi"; taliatùra, sguardo di intesa, di complicità oppure di rimprovero, di biasimo; si fìciru nà taliatùra/ci fù na taliatùra, si sono scambiati uno sguardo/c'è stato uno sguardo d'intesa (o di complicità); sùlu cu na taliatùra 'u fìci aggiarniàri, soltanto con uno sguardo lo ha fatto impallidire! Vrb. ar. ṭalaʿa´- tala’a - talayi; cast. atalayar - da atalaya, torre, altura, registrare il campo da una torre o altura, osservare, spiare; dall'arabo ispanico attaláya´.



Palermo. San Giovanni degli Eremiti






Palermo. Chiesa della Martorana

zàccanu
. Recinto per animali; in senso più generale, posto fangoso; zaccaniàri, muoversi in mezzo al fango o all'acqua; fig. lavorare duramente per guadagnarsi da vivere. Ar. sakan.

zàgara
. Voce sic. adottata dall'italiano; fiore di arancio o di limone. Ar. zahr, che significa fiore, in generale e Arabo-ispanico azahar, fiore d'arancio.

 

Francese (circa 100)

àccia. Sedano. Fr. ache. A. Senisio, Declarus, 1348, apium, pii.... quedam herba, que dicitur achi (aci).

buàtta
. Barattolo di metallo sottile, latta. Fr. boite, lattina, scatola, barattolo.

bùculu
. Ricciolo. Fr. boucle.

cazètti-causètti-quasètti
. Calze, calzini. Fr. chausettes.

mècciu
. Stoppino (dei lumini e delle candele). Alzando o abbassando 'u mècciu si aumentava o si diminuiva la fiammella del lume; fig., ammicciàri, riuscire a vedere; 'un ci'ammìcciu cchiù, si fìcì scùru, non riesco più a vedere, si è fatto buio; micciùsu, agg. che si usa come alleg. di piccolo, in particolare nell' l'espressione "occhi micciùsi",* occhi piccoli come una fessura. Fr. ant. mece (1160), mesche (1393), mod. mèche, di etim. oscura, da cui lo sp. mecha, miccia, stoppino e l'it. miccia. *G. Meli (1740-1815), Ditiràmmu: "L'òcchi micciùsi...".

prèscia. Fretta; di prèscia, di fretta; sprisciàri, fare fretta; sprisciàrisì, sbrigarsi; 'mprisciàtu, preso dalla fretta (cfr. assicutàtu). Fr. prèsse, impazienza; sp. prisa, fretta (de prisa, di fretta); tutti dal lat. pressum, p.p. di premere.

puntunèri
. Oggi si intende "vigile urbano". Anticamente era colui che era addetto a riscuotere il diritto di passaggio sopra un ponte
galleggiante, composto da barche unite da travi e ricoperte da tavole di legno. Fr. ant. pontenier (XII° sec.), mod. pontonnier > lat. b. med. pontonàrius (att. nel 1110).

purrìtu
. Tarlato, marcio, putrido; 'mpurrìri, imputridire. Fr. pourrit > lat. volg. putrīre, cl. putrescere.

racìna
. Uva; ràppa di racìna, grappolo d'uva (fr., grappe de raisin). Fr. raisin > lat. racemus, grappolo (Plinio); grappolo d'uva, uva (Virgilio). A Senisio, Declarus, 1348, racena.

ràppa
. Grappolo. Fr. grappe. Cfr. racìna.

sagnàri. Salassare. Direttamente dal fr. saigner (> lat. sanguinare), con il medesimo significato di "sottrarre del sangue, a uomini e animali, a scopo preventivo o terapeutico". Il termine è testato da A. Senisio, nel Declarus, 1348, "comminuo... simul minuere, frangere vel sanguinem extrahere, idest sagnari".

spiàri
.* Chiedere, domandare. Prob. der. dal fr. ant. espier,* 1174-1177, mod. èpier, tendere le orecchie (dal lat. imp. spicare "fornire un orecchio." - CNRTL -).
G. Meli, 1740-1815, L'origini di lu munnu: ...Diana spija: lu manciari è fattu?..., Diana chiede: è pronto da mangiare?
*Dall' ant. a. ted. sphea, sphëhôn mod. spähen (dal got. spaìhôn); propriamente, nel senso antico, ricerca, esplorazione; indagare per poi riferire > chiedere per sapere, späher, esploratore.
* Ricorre nella celebre canzone siciliana "Vitti na cròzza"(.....fùi curiùsu e ccì vòsi spiàri...)", "...fui curioso e gli volli chiedere...".

suvàggiu
. Puledrino. Fr. sauvage, selvaggio, dal senso esteso di "non domato".

tappìna
. Sandalo femminile di uso casalingo, ciabatta; un pòzzu nèsciri... sùgnu ancòra cu 'i tappìni, non posso uscire... sono ancora con le ciabatte; tappinàra; è un dispregiativo per indicare una donna di facili costumi (non necessariamente "prostituta"), ambigua, spregiudicata, che ne combina di tutti i colori, che crea contese e liti. Cù? Chìddra? E' nà gràn tappinàra! Chi? Quella? E' una gran donnaccia! Corrisponde all'it. "zoccola", da zoccolo, sandalo femminile, ma non corrisponde esattamente a prostituta in senso proprio. Prob. der. da una rad. onomat. tap-, "suono prodotto da un colpo", attestata nei primi del 13° sec., dal fr. ant. taper, dare piccoli colpi. Sembra che nel periodo della dominazione spagnola, alle prostitute sarebbe stato imposto di camminare per strada con i sandali per essere riconosciute. E' presumibile quindi che la voce lessicale tappìna possa essersi formata dal senso esteso di "calzatura con un piccolo tacco" e il derivato senso fig. di tappinàra dalla identificazione imposta durante il dominio spagnolo. (etymology dictionary).

 



Il Castello di Giuliana (PA), antica fortificazione ristrutturata, in epoca medievale,
 da Federico II di Svevia.

 




Riproduzione  "naif" della fortezza, realizzata dal Sig. Principato Pietro, 84enne contadino in pensione, appassionato di scultura su legno e pietra; abita a pochi metri a ridosso del castello.


trùscia
. Fagotto. 'ntrusciàri, infagottare. Fr. trousse, fascio, mucchio di cose legate insieme (XII° sec.). La voce fr. deriva dal lat. b. torsare, da torsus, var. di tortus, p.p. di torquere, che tra i tanti significati ha anche quello di avvolgere, arrotolare.

tùppu
. Crocchia, acconciatura femminile dei capelli avvolti a forma di nodo sulla cima del capo o dietro la nuca. Fr. toupet (1140).

vucciria
.* Fig., frastuono accentuato e incontrollato, confusione, baccano. Fr. boucherie, macelleria, mercato della carne. Il sign. è der. dal nome del più grande e colorito mercato alimentare di Palermo, 'a Vuccirìa,* per il frastuono delle voci e, in particolare, dei chiassosi richiami dei venditori che abbannìanu per attirare l'interesse dei passanti. Era inizialmente destinato al macello ed alla vendita delle carni. Così lo definisce nel XIII sec. A. Senisio nel Declarus, 1348, "princeps macelli, nam machia buchiria"...."idest locus occisionis, buchiria".
* Immortalato in un celebre quadro di Guttuso, il mercato è sorto tra il X° e l'XI° sec.. In seguito divenne un mercato per la vendita di ogni tipo di generi alimentari, in particolare del pesce, della frutta e della verdura. Gli altri mercati antichi sono Il Capo, Ballaro' e Il Borgo Vecchio.

Provenzale (circa 30)

ammuntuàri-annintuvàri. Fare il nome, citare, menzionare; ammintuàtu-annintuvàtu, conosciuto, famoso. Prov. mentover; fr. a. mentevoir;* it. mentovare. Tutti dal lat. mente habere.
*La desuetudine odierna del termine francese si spiega con l'adozione del sinonimo rappeler, composto da re, di nuovo + appeler, chiamare, com'anche in italiano "richiamare alla mente".  

garrùni
. Garretto, la parte posteriore della zona caviglia-tallone dell'uomo. Prov. ant. garra, mod. garro, sp. garra, dal cimbro-celtico garra, la base scheletrica delle ossa del tarso.

farfànti
. Bugiardo; farfantarìa, bugia. Prov. forfant.

parpagghiùni
. Grossa farfalla, in particolare quelle notturne. In senso alleg., l'intera zona dell'organo genitale femminile. Prov. parpalho (la fonèsi di lho è uguale a gghio) + il suff. accr. -uni, fr. papillon (XII° sec.); dal lat. papilionem, acc. di papilio.

trizziàri
. Scimmiottare, prendere in giro scimmiottando, facendo il verso. Prob. orig. prov. trichar,* confondere, ingannare, imbrogliare, oppure dal fr. ant. trichier,* ingannare (1165), mod. tricher. G. Meli, 1740-1815, L'origini di lu munnu: ...nni trizziamu tutti dui..., ...ci prendiamo in giro reciprocamente....
* Lat. b. triccare, tricare, lat. cl. tricari (tricor, aris), usare raggiri, cavillare; tutti termini risalenti al XII sec.

Tedesco (circa 30)

sbrìzza. Goccia d’acqua, di pioggia; sbrizziàri,* gocciolare; piovigginare; schizzare di acqua o altri liquidi; sbrizziàtu, semi bagnato di pioggia o schizzato d'acqua o altri liquidi. Fig., 'na sbrìzza, un pochino. Circa l'etim., si vuole che sia una voce onomat., dal rumore dei liquidi che escono con impeto da una apertura stretta, rompendosi in miriadi di gocce. Altra ip. è che sia der. dal ted. ant. britzen, britzeln oppure dal termine arcaico sbrinzlar (di origine non ben identificata), tutti con il significato di sprazzare-sprizzare. (Cfr. stìzza, stizziàri). G. Meli,1740-1815, Ditiràmmu: "...'ntra l'acqua e la rimarra, sbrizziànnu/tutti ddri genti chi jianu 'ncuntrannu", in mezzo all'acqua e al fango, schizzando tutte le persone che andavano incontrando.

sparàgnu
. Risparmio; sparagnàri, risparmiare. Ted. ant. sparanjan > mod. sparen, risparmiare.

trippiàri-trippuliàri
. 1. Ballare saltellando. 2. Saltellare di gioia, folleggiare; trippiàtu-trippuliàtu, battuto, calpestato; trippiatùri, pl. trippiatùra; il/i pestatore/i dell'uva per fare il mosto. Orig. germ., trippôn, salto, b. ted. trippen, mod. trippeln, "zampettare, trotterellare", come l'olandese trippelen, trotterellare, sgambettare; dal germ. anche il vrb. fr. ant. treper (12°sec, 1160-1174), scalciare-saltare, mod. trepigner, pestare i piedi, scalpitare (CNRTL). Il termine è testato nel Declarus di A. Senisio, 1348: trippari.

zìta
. sf. - zìtu. sm. Fidanzata, fidanzato; sposa, sposo. Fàrisi zìtù-a-i, fidanzarsi; si fìci zìtu, si è fidanzato; si fìci zìta, si è fidanzata; si fìciru zìti, si sono fidanzati. Di uso corrente: 'u zìtu-'a zìta: fino al giorno del matrimonio sign. "il fidanzato-la fidanzata"; il giorno del matrimonio sign. "lo sposo-la sposa"; 'i zìti, gli sposi; zitàggiu, fidanzamento; zitàrisi, fidanzarsi. Germ. med. zitze, fanciulla, fidanzata, con il significato di "non sposata", da cui deriverebbe "zitella" (che in siciliano si traduce schètta - v. voce -).


Spagnolo (circa 120)

ammuìnu. Imbroglio, combutta, espediente per ottenere qualcosa che non spetta; ammuinàri, tramare con il fine di imbrogliare o nascondere malefatte; porre in essere artifizi per fini ambigui, scorretti o illeciti; ci fù ammuìnu, c'è stata combutta, imbroglio; ammuinàru tutti còsi, hanno imbrogliato, ingarbugliato tutto di proposito. Sp. mohína, molestia; amohinar, causare molestia, fare un torto.

baschiàri
. Ansimare, respirare con affanno per la fatica o dopo una corsa. Sp. basquear, aver nausea; ovvero dal cat. ant. bascar, ansare, ansimare.

cìcara
. Tazza da caffè; cicarèddra, tazzina; cicarùni, tazzona. Ha lo stesso significato in dialetto veneziano ed era usato anche nel Montenegro. Sp. jicara, port. xícara.

criàtu-a
. Servo-serva. Sp. criado-a; cast. criata; criatùra-i. Bambina-o. Sp. crìatura.

làdiu-làidu-làriu
. Brutto, sgradevole, anche cattivo, rif. a persona. Fr. laid, m. - laide, f. (1100), brutto, orribile, odioso, ripugnante (di una persona), > sp. ant. laido; strafalàdiu-riu. Lett., "più che brutto", ma si usa prevalentemente nel senso fig. di "stravagante". Direttamente dallo sp. estrafalàrio, strano, bizzarro.

làstima
. Lamento, fastidio; lastimiàri, lamentarsi senza motivo, esprimere il proprio malcontento magari non giustificato o comunque eccessivo, quindi tormentare e infastidire; lastimiàrisi, lamentarsi, tormentarsi; lastimùsu, tendente a lamentarsi sempre. Sp. làstima > lat. volg. blastemare, cl. blasphemare.

lòccu-a
. (a Palermo luoccu-a) Scemo, intontito; allucchìri, diventare scemo; alluccùtu, attonito, imbambolato, stupito, sbalordito, meravigliato; arristàvu alluccùtu! Sono rimasto inebetito (espressione di sorpresa di fronte ad una notizia o un fatto inaspettato). Sp. loco, pazzo, matto, dal lat. ulucus, gufo.

'nsaghiàri-'nzàiari
. 1. Provare un vestito dal sarto durante l'imbastitura. 2. Indossare per la prima volta un abito nuovo. Sp. ensayar, provare (da sayo, tunica, lat. sagum, saio, mantello).

'ntrallàzzu
. Imbroglio, intrigo, comportamento equivoco, compromesso disonesto, espediente per arrangiarsi: il termine definisce ogni affare combinato attraverso imbrogli e illegalità. Lat., comp. da inter (tra) e laqueus (laccio), quindi "cappio", attraverso la mediazione dello sp. entrelazar, intrecciare.

Palermo. Palazzo Chiaramonte-Steri, residenza dei Viceré spagnoli, poi sede della Regia Dogana e, successivamente, fino al 1782, sede del tribunale dell'Inquisizione.

scupètta
. Fucile da caccia; scupittàta, fucilata; Sp. escopeta, schioppo (escopeta blanca: lupara bianca).

vùgghia
. Ago; 'a vùgghia, l'ago. Sp. aguja, dal lat. acus, di rad. indoeuropea ak-, (acuto, affilato).

zzòtta
. 1. Frusta. 2. Conca; zzòtta d’acqua, conca d'aqua oppure grossa pozzanghera. Ar.-isp. azote, dall’ar. sawt. a. frusta ('a zzòtta, la frusta). b. ondata.

 

Catalano e Castigliano (circa 25)

addrumàri. Accendere; addrùma 'u fòco, accendi il fuoco; addrumàrisi, accendersi; s'addrumà 'u focu? si è acceso il fuoco? Fig., adirarsi, scaldarsi facilmente; chìddru s'addrùma sùbbitu, quello si adira subito, si accende facilmente. Cat. allumar; fr. allumer, dal  lat. volg. alluminare > cl. luminare > lumen, luce, lume.

addunàrisi
. Accorgersi di qualcosa, notare qualcosa; si'nn'àddunà, se ne è accorto. Fig., capire, intuire qualcosa, rendersi conto di qualcosa; si'nn'àddunà, lo ha capito, lo ha intuito; ma ti' nn'addùni còmu arraggiùna!? Ma ti rendi conto di come ragiona!? Cat. adonar-se, accorgersi, intravedere, osservare, scorgere.

anciòva
. Acciuga. Cat. anxova* > sp. anchoa; port. anchova. * La pronuncia è del tutto uguale.
Nota. 'A pàsta c'anciòva, la pasta con l'acciuga, è un tipico piatto palermitano.


'nzirtàri
. Colpire con precisione, centrare; ccì tiràvu na pètra e 'u 'nzirtàvu 'ntesta, gli ho tirato una pietra e l'ho centrato alla testa; fig. indovinare; 'nzirtàvu tutti còsi, ho indovinato tutto, ho capito tutto, ho fatto la cosa giusta; ironico, ghiucàri a 'nzèrta o sgàrra, giocare a indovinare o sbagliare. Corrisponde all'it. "insertare", intrecciare, congiungere, inserire, lat. inserĕre, congiungere, inserire, con un senso traslato del tutto divergente, sicuramente improntato dal cat. encertar, che ha il medesimo sign. di indovinare. - G. Meli, 1740-1815, Ditirammu: 'nzirtàri.

mèusa
*. Milza; pani c'a mèusa: tipica, antica e rinomata pietanza popolare, esclusivamente palermitana; sembra che risalga al medioevo. Cat. e arag. melsa [l = u, = ie (a Palermo) - v. mutamenti]. *La pronuncia popolare palermitana è: pàni c'a (cu la) mieusa-mièvusa.

Termini derivati da lemma comune all'italiano non esistenti in italiano (stralci)

allattariàrisi. Fig., 1. Vantarsi; 2. Disputare pretestuosamente; è nùtuli ca t'allattarìi, è inutile che cerchi pretesti; 'un fà àtru c'allattariàrisi, può avere ambedue i significati. Senso allegorico derivante da una figura cosparsa di latte, quindi appariscente.

facciòlu. Falso, ipocrita, ambiguo, bugiardo; facciularìa, faccifarìa, parvenza, doppiezza, ipocrisia, ambiguità; faccipròva, confronto diretto faccia a faccia. It. faccia, sic. fàcci > lat. facies.

faccifrùnti. Raffronto, confronto tra due persone. Comp. da faccia e fronte.

maniàta. 1. Traccia, orma; riferito, in particolare, alla selvaggina; ccì sù ancòra 'i maniàti, ci sono ancora le tracce, i segni; per estensione (mano/uomo > zampa/animale). 2. Branco, gruppo, mucchio, in senso dispregiativo; sù na maniàta di làtri, sono un branco di ladri. Der. da mano.

pappariàrisi. Imbrodarsi, lodare se stessi, vantarsi. Per formare il sinonimo di "vantarsi, lodarsi", in it. è stato adottato il sost. "brodo", mentre in sic. è stato adottato il sost. "pappa".

sciamàri
. Pettegolare, criticare, proferire maldicenze, biasimare;  'un fànnu àtru chi sciamàri…, non fanno altro che sparlare (delle persone); 'unn'ànnu chiffàri e si passanu 'u tempu a sciamàri…, non hanno niente da fare e passano il tempo a pettegolare; cu sciàma si và'ccunfèssa!* Chi critica si vada a confessare!; 'u sciamanu tutti…., lo biasimano, lo criticano tutti... Dall’it. sciame, sciamare, ma in siciliano ha unicamente il senso enunciato. Prob. orig. onomat. per spiccata similitudine tra il ronzio di api, vespe e calabroni che sciamano e l’allegorico mormorìo di chi critica e sparla.
* Espressione tipica di biasimo diretta ai maldicenti, ritenendosi il pettegolezzo un peccato.

tìnciri. Oltre al medesimo sign. dell'it. tingere, ha il senso fig. di calunniare, denigrare; tìntu,* p.p., solo di senso fig. 1. cattivo, di malanimo; (gh)è tìntu! È cattivo! 2. Male, peggio, brutta sorte; tìntu pi ccù àvi di bisògnu, il peggio è per chi ha bisogno; tintìzza, cattiveria. It. tinto, p.p. di tingere (> lat. tĭnctus, p.p. di tĭngĕre**). Mentre l'infinito ha i due significati indicati, il p.p. ha solo l' uso fig. (il p.p. it. "tinto" si traduce tinciùtu).
* G. Meli (1740-1815), Ditiràmmu, "....curnùti, tìntu (a) cu c'incùgna!" ....cornuti, guai per chi si azzarda ad avvicinarcisi!
** Il passaggio semantico al sign. di "cattivo" e di "calunniare", potrebbe essere avvenuto attraverso il senso più ampio ed esteso di "tingere", cioè "fare assumere a qualche cosa un colore diverso da quello che aveva in origine", onde tìntu starebbe per falso, mascherato > cattivo, ambiguo e tìnciri per "attribuire a qualcuno un colore diverso da quello reale", cioè calunniare. Rohlfs, attingendo al sign. di tingere come "battezzare", "immerso nell'acqua", afferma che il passaggio semantico da "battezzato" a "cattivo" si spiega con la condanna della Chiesa delle pratiche battesimali degli eretici.

varchiàri. Vacillare; di uso prevalentemente ironico o derisorio per indicare un'andatura oscillante simile a quella dell'ubriaco; talè còmu varchìa, pàri 'mmriàcu, guarda come cammina, sembra ubriaco. Trasf. in vrb. di vàrca, barca.

Onomatopeici (stralci)

abbaffàrisi. Sdraiarsi pesantemente, stravaccarsi; abbaffàrisi 'ncàp'u lèttu, stravaccarsi pesantemente sul letto; abbaffàtu, stravaccato, sdraiato o semisdraiato in maniera scomposta. Non si riscontra alcuna impronta nelle lingue romanze né anglosassoni. Prob. voce onomat., dal rumore prodotto da un corpo che si abbatte pesantemente su una superficie piana.

bbòffa. Schiaffo; bbuffàzza, schiaffone; cu nà bbòffa ti fàzzu satàri i denti, con uno schiaffo ti faccio saltare i denti; buffiàri, schiaffeggiare. Voce onomat. (dal suono). Prob. impronta dello sp. bofetada (onomat.). *Cfr. anche timpulata, timpulùni, scòrciu di còddru.

chèccu. Balbuziente; chicchiàri, balbettare. Onomat., dal suono kek di chi balbetta. Cfr. ciàcciu.

'fànfari. Fanfaroni ed anche stupidi, infantili. Voce onomat.. G. Meli (1740-1815), Ditiràmmu: "Sti capi vivituri, li cchiù ’nfanfari,...

quarquarazza-u. Gazza, gazza marina; al m. corvo. Di origine onomat. dal gracchiare della voce. A. Senisio, Declarus, 1348, carcaraza.

zicchittàta. Colpo a schiocco dato facendo scattare il dito indice o il medio con il pollice. Voce onomat.

Prestiti all'italiano (stralci)

abbuffàri-abbuffàrisi. Mangiare in maniera smoderata, ingorda, in eccesso; arribbuffàtu, dall'aspetto rigonfio; abbuffàta, abbondante mangiata in compagnia. È la trasf. in verbo di buffa,* nome siciliano del rospo, dal lat. bufo, da ricondurre ad una voce onomat. che sta per gonfiare, come di persona che si fa gonfiare la pancia per produrre ilarità. Il rospo, notoriamente, ha un rigonfiamento sotto la testa che lo rende (appunto) buffo. E' stato adottato in italiano con "abbuffarsi, abbuffata".

picciòttu
. Sost., giovanotto, ragazzo; stu picciòttu, questo ragazzo, giovanotto; agg., giovane; cu è picciòttu è rìccu, chi è giovane è ricco; (gh)è un picciòttu bbònu, è un bravo ragazzo; denomina anche il giovane apprendista dell'artigiano; mànnacci 'u picciòttu, mandaci, l'apprendista, l'aiutante; picciuttàzzu, giovanottone; nel caso, il suff. -azzu non agisce da dispr. ma da accr.. Da una rad. onomat. pikk, punta, da cui la voce ant. picciolo, mod. piccino, + ottu, suff. accrescitivo siciliano. G. Meli, 1740-1815, L'origini di lu Munnu, picciotti, picciuttazzi.
Nota. Il termine picciòtto entra nella lingua italiana dal siciliano a seguito dell'impresa dei Mille, quando le bande di giovani siciliani, che tra loro si chiamavano picciòtti, si unirono a Garibaldi nella battaglia di Calatafimi e nella conquista di Palermo.


zàgara
. Voce sic. adottata dall'italiano; fiore di arancio o di limone. Ar. zahr, che significa fiore, in generale e Arabo-ispanico azahar, fiore d'arancio.*
* La parola alzahar, come azar, proviene da az-zahr, cioè il primo fiore; successivamente è venuta a significare fortuna, sorte. Ma il termine seguitò la sua evoluzione nel dialetto arabo-andaluso: az-zahr, con il suo significato originario di fiore, in particolare fiore bianco, si passò a pronunciare con una vocale epentica che anche i dizionari di arabo classico ammettono; quindi si cambiò l'accento tonico in questa nuova vocale e si disse azzahar (la pronuncia moderna dell'arabo del Marocco): da qui ha origine in lingua spagnola con la formazione dell'arabismo azahar e con un significato più ristretto rispetto all'arabo, per cui significa curiosamente solo "i fiori bianchi degli agrumi" (arance, limoni, pompelmi, tigli, bergamotti, mandarini). Questo si deve probabilmente al fatto che la parola è stata introdotta nel contesto lessicale come "agua de azahar", profumo elaborato unicamente con i fiori di questi alberi. (Etimologìas Latin Chistes Refranes Ciudades)