'u stigghialòru

PROVERBI, DETTI E MODI DI DIRE (stralci)

PROVERBI

La chiave costante del proverbio, è il paragone o la similitudine, ambedue molto efficaci per il senso figurato che esprimono; in genere, nel proverbio, la prima parte è metafora o similitudine della seconda, funzionale a ciò che si vuole significare.
Oppure contiene un rapporto di causa ed effetto, facilmente comprensibile, esprimendo il concetto mediante una rappresentazione allegorica o metaforica, che richiede cioè l'interpretazione logica di ciò che sottintende.
L'utilizzo della similitudine, del paragone, dell'allegoria, fa parte della espressività dei siciliani ed è a loro congeniale; rende più chiaro il messaggio, l'indicazione, il consiglio o l' avvertimento.
In maniera ironica o sarcastica, sorniona o laconica, è di solito presente la metafora o il doppio senso o il sottinteso.

DETTI

Il Detto antico in genere fornisce un messaggio utilizzando o solo la similitudine o solo la metafora o solo l’allegoria, in chiave costantemente e sottilmente sorniona e/o ironica.
Tuttavia, talvolta non ha sottintesi ma è un aforisma, un diretto consiglio indirizzato al buonsenso, all’equilibrio, alla prudenza; afferma una verità, una regola o una massima di vita pratica.
Proverbi e Detti sono, quindi, sotto il profilo strutturale, diversi; tuttavia il confine, talvolta, è sottile; pertanto vengono riportati promiscuamente ed in ordine alfabetico, così esposti nell’ordine:
   - Citazione integrale in siciliano (in corsivo-neretto);
   - Traduzione letterale in italiano (in corsivo);
   - Esplicazione commentata.

Cu è cacàtu sèdi npìzzu e cu è curnùtu si la senti.
Chi è cagato siede in punta e chi è cornuto se la sente.
Ricorrono paragone e similitudine: così come chi si è cagato addosso è sulle spine,* chi è tradito si sente deriso e denigrato. Ma vi è anche un’altra lettura metaforica:
cacàrisi, in siciliano, oltre al senso materiale proprio, cioè cacarsi, viene usato per con il senso fig. di "aver paura"; sèdiri 'npìzzu, cioè stare a sedere sul bordo della sedia, è indice di reattività, aggressività. Cacarisi e sèdiri npìzzu, messi in consecuzione letterale, stanno a significare l’aggressività che può nascere dalla paura, come la reazione che può nascere da chi si sente deriso o schernito per via delle corna di cui è consapevole.
* L'espressione èssiri assittati 'npìzzu, letteralmente "stare seduti in punta alla sedia" è un'espressione metaforica che significa: essere sulle spine, essere agitati, essere pronti a reagire, a scattare.

Cu li chècchi nun ci cantàri e cu li zzòppi nun ci'abballàri
.
Con i balbuzienti non ci cantare e con gli zoppi non ci ballare.
Espressione sagace, ilare, per consigliare, con una similitudine estremamente calzante, di intrattenersi, avere relazioni o affari solo con persone affidabili.

Cù màlu sèdi, màlu penza.
Chi siede male, pensa male (o al male).
Ha un doppio senso:
Se qualcuno inconsciamente sta seduto in maniera scomoda vuol dire che ha cattivi pensieri.
Oppure può essere sintomo di nervosismo e chi è nervoso pensa o agisce male.

Cu sempri vìdi a prucissiòni e a mìssi, lìgnu nunn'è pi fàri crucifìssi.
Chi sempre vedi a processioni e a messe, non è legno per fare crocifissi.
Rileva la diffusa diffidenza che in Sicilia si ha verso i bigotti, dovuta al fatto che spesso (ma non sempre) la linea di condotta nella vita di queste persone non è coerente con gli insegnamenti della carità cristiana e in contrasto con il loro apparente atteggiamento di devozione; sono presenti in tutte le manifestazioni religiose per poi, magari, essere assenti laddove occorre solidarietà reale verso il prossimo. Sono ritenuti anche avari.

Cu si cùrca cu li piccìrìddri s'agghiòrna pisciàtu.
Chi si corica con i bambini, si sveglia pisciato.
Stare attenti nelle scelte di compagnie, amici, collaboratori.
Ricorre la similitudine, il paragone, per rendere più efficace il messaggio: cosi come se vai a coricarti insieme ai bambini è probabile che ti sveglierai bagnato di pipì, non meravigliarti di quanto di negativo può capitarti frequentando o unendoti a gente non affidabile.
Fàri amicizia cù li sbìrra è còmu tiràri acqua cu la cartèddra.
Fare amicizia con gli sbirri è come tirare acqua con la cesta di vimini.
Atavica ritrosia e diffidenza verso i tutori dell'ordine (definiti spregiativamente "sbirri"), derivata da epoche in cui erano al servizio dei Dominatori e perpetravano soprusi sui poveri.
Tutt’oggi, oltre che nel contesto malavitoso, dove dare dello sbirro a qualcuno è peggio che dargli del cornuto (una delle invettive oltraggiose in detto contesto è: sì curnùtu e sbìrru!), anche in contesti sociali sani c’è sempre un senso di diffidenza; una sorta di induzione a non fidarsi. E’ la cultura persistente secondo cui la confidenza con un agente di polizia, un carabiniere, possa essere da questi strumentalizzata.
A prescindere dal senso, ovviamente poco condivisibile, è molto apprezzabile la fantasia e la sagacia del paragone: l'amicizia con gli sbirri è proficua quanto tirare acqua con la cesta di vimini!

Lu 'mmidiùsu mòri cunfùsu (o furiùsu), lu 'mmidiàtu mòri cunsulàtu.
L'invidioso muore confuso (o furioso). L'invidiato muore consolato.
L'invidia è tra i difetti più diffusi e insidiosi: l'invidioso è infelice; chi non lo è vive sereno.

Mal'òmu e màlu pàssu dìnni bbèni e stàcci arràssu.
Dell’uomo di malaffare e di luoghi pericolosi parlane bene ma tieniti alla larga.*
Antica saggezza che invita a tenersi lontani da uomini e luoghi di malaffare. Parlane bene ma stanne lontano.
* "lu màlu pàssu" denominava, fino al dopoguerra, un luogo, un passaggio pericoloso, lungo una strada di campagna, che si prestava a facili e probabili agguati da parte di banditi e briganti.

Mègghiu un'ùra di pinsàri ca 'na ghiurnàta di travagghiàri.
Meglio un' ora di riflettere che una giornata di lavorare.
Consiglia di usare soprattutto il cervello ed a non essere precipitosi; si possono ottenere risultati migliori ponderando bene prima di intraprendere di fretta un lavoro od un'azione. Consiglia l'impostazione, il metodo, la programmazione, la riflessione: usando l’ingegno si possono ottenere risultati più proficui faticando meno.

Nà mìnchia 'ncùlu di l'àtri pàri un fìlu di fratta, 'ntò tò cùlu pàri un tràvu.
Un cazzo nel culo degli altri sembra un filo d'erba, nel tuo culo ti sembra una trave.
Sebbene in maniera scurrile, rende bene il concetto: i guai ed i problemi degli altri, al di là di atteggiamenti ipocriti, pesano poco, i propri enormemente di più.

O di fàggiu o di nùci ogni casa àvi la sò crùci.
O di faggio o di noce ogni casa ha la propria croce.
Si dispiega metaforicamente in due sensi:
a. Dall'esterno non si è a conoscenza dei problemi che vi sono all'interno di ogni famiglia; pertanto magari si ritiene talvolta di essere i soli a soffrire di problematiche specifiche e fisiologiche all’interno del proprio contesto familiare; il detto è, per certi versi, consolatorio: più o meno, ogni famiglia ha i propri problemi o guai.
b. Vi sono persone che esternano sistematicamente i propri guai (o presunti tali...), mentre altre, per un senso di pudore e riservatezza, non ne danno a vedere.
Il detto fa riferimento al primo caso, quando cioè qualcuno, incontrando amici o parenti, non fa' altro che esporre e lamentarsi delle proprie disavventure quotidiane; con sottile ironia e in maniera diplomatica, sottintende: "evita di raccontare sempre i tuoi guai... non pensi che anche gli altri ne hanno e ne soffrono, ma si astengono dall'avvilire sempre il prossimo!?"

Quantu tìra un pìlu di fìmmina, màncu na parìgghia di vòi.
Quanto tira un pelo di donna, neanche una pariglia di buoi (aggiogati al vomere).
La similitudine è molto efficace: la forza della seduzione femminile sarebbe superiore a quella di due buoi che tirano l'aratro (ai tempi in cui non esistevano ancora i mezzi meccanici, per questa operazione colturale venivano impiegati i buoi od i muli).
La donna con il proprio fascino ha sempre avuto un ruolo spesso occulto ma determinante in tante vicende ed in ogni campo.* Di riscontri ne è piena la storia di tutti i tempi.
* Si arriva ad affermare che l'economia mondiale sia condizionata dalla donna o gira intorno a Lei; sarà anche esagerato, ma in effetti la finalizzazione, cosciente o meno, di molte azioni dell'uomo sono condizionate dalla donna, in quanto meta da conquistare anche con il prestigio e la ricchezza.

Bisacquino (PA). Santuario Madonna del Balzo
Scupètta ca nun spàra (gh)ièttala all’agnùni.
Fucile che non spara buttalo all’angolo.
Il senso non è solo materiale, cioè un consiglio a non utilizzare attrezzi malandati che ti faranno lavorare male e perdere tempo invano; sottintende anche il consiglio di liberarsi di persone che non sono in grado di assolvere il compito loro affidato.
Talvolta è ironicamente riferito al membro maschile, con un significato di facile intuizione...

Tànti pizzùluna fànnu li càrni nìvuri.
Tanti pizzicotti rendono le carni (il corpo) nere (di lividi) .
Tanti piccoli problemi fanno un guaio grande.
E' la risposta a chi minimizza singoli episodi, di per se poco rilevanti: tanti piccoli torti o molestie alla fine finiscono con il pesare troppo, determinando una reazione apparentemente esagerata, ma legittima rispetto al reiterarsi del torto o delle molestie.

Vantàggiu màncu a li zzòppi e limòsina màncu a li parrìni.
Vantaggio neanche agli zoppi ed elemosina neanche ai preti.
Sottintende l'ingratitudine. E' un consiglio a non intenerirsi troppo, a non crearsi troppi scrupoli nei confronti del prossimo e a non fidarsi neanche quando il destinatario della fiducia sembra apparentemente meritarla.
Presuppone utile essere diffidenti, non concedere vantaggi a nessuno; atteggiamento dettato da esperienze negative in cui la bontà è stata mal ripagata.



Trapani, Saline.

 

MODI DI DIRE

Sono espressioni, frasi, che esprimono generalmente qualcosa attraverso una metafora, in genere sagace e colorita, oltre che, come il proverbio, ironica o laconica o sarcastica.
E' un linguaggio diretto allegorico, introduttivo o conclusivo di una conversazione o di una disputa in cui la comunicazione viene espressa attraverso un'immagine od un sottinteso: implica quindi, come nella metafora, un trasferimento di significato, operando su un piano figurativo superiore rispetto all'oggetto o all'azione rappresentati o espressi; vi è la sostituzione di un oggetto oppure di un'azione in un senso figurato.
Talvolta è anch’esso semplicemente un’aforisma, una esemplificazione di saggezza.

Ammùttàri fùmu cù la stànga
.
Spingere il fumo con la spranga.
Cògghiri acqua cu lu panàru.
Prelevare acqua con il paniere.
Scacciàri pùci cu la zzòtta.
Schiacciare pulci con la frusta.

Sprecare energie inutilmente; dedicarsi a imprese improbe; faticare molto ma senza metodo; fare qualcosa che non potrà sortire alcun risultato utile.
Rappresentano tre operazioni palesemente inutili ed esprimono lo stesso significato.
Tre espressioni allegoriche e sottilmente ironiche molto efficaci; arguzia appropriata per esprimere derisione nei confronti di chi fatica molto senza risultati a causa della carenza di metodo, di impostazione, di razionalità.

A stricasàli
.
"A strofina sale"
.
A dispetto, di proposito per provocare, per istigare, per irritare.

Avìri a nàsca tìsa
.
Avere il naso teso.

Essere vanitosi, superbi, oppure particolarmente intuitivi.
L'espressione viene spesso usata con riferimento a persone che si atteggiano, snobbano, con l'aria di chi si sente superiore. Oppure per indicare una persona che è difficile raggirare. Avìri 'i carti macchiàti.
Avere le carte macchiate
.
Avere la fedina penale sporca.

Avìri l'àgghi.
Avere gli agli
.
Essere irritato, risentito, nervoso, impermalito.

'a maìddra
Cunzàri lu capìzzu.
Sistemare il capezzale.

Apprestarsi ad una ritorsione ben escogitata. E' la minaccia pronunciata da chi ha subìto un torto a chi glielo ha fatto: Ora ti lu cònzu èu lu capìzzu, "adesso te lo sistemo io il capezzale", equivale a dire: "Adesso ci penso io a sistemarti per bene!!!", "Te la farò pagare!"

Dòrmiri cu la mànu a la mascìddra.
Dormire con la mano (appoggiata) sulla guancia
.
Sentirsi sereni e appagati; avere la coscienza a posto.
È di senso sia materiale che morale: poter dormire tranquilli avendo sistemato per bene le proprie cose, i propri affari, oppure essere consapevoli di non aver fatto niente di male. Pòzzu dòrmiri cu la mànu a la mascìddra, non ho nulla da temere; tutte le mie cose sono ben sistemate; ho la coscienza a posto.

Èssiri assittàti 'npìzzu.
Stare seduti sul bordo della sedia
.
Essere sulle spine; essere pieni di livore e pronti a scattare. E' un modo di dire molto antico ma sempre più attuale; di fatto anticipa gli studi che la psicologia moderna dedica alle posizioni che assume il corpo umano e le sue membra, come atteggiamenti rivelatori di uno stato d'animo.
Ha un doppio senso: in termini fisici interpreta le posture: essere seduti fisicamente sul bordo della sedia significa essere sulle spine, prepararsi ad agire (già prevenuti) oppure rivela uno stato di ansia. Più in generale significa essere sempre suscettibili e facilmente propensi a reazioni esagerate.

Fàrisi dìnchiri a sacchètta.
Farsi riempire la tasca.

Farsi influenzare, credere ai pettegolezzi od alle maldicenze che vengono riferite da chi lo fa il proposito con l'intento di creare discordie o per i propri fini.
"Ma chi ti facisti dìnchiri la sacchetta?" "Ma che ti sei fatto riempire la tasca?" Cioè: "ma tu credi davvero a quello che ti hanno raccontato?"

Livàrisi 'u tistàli.
Togliersi la cavezza.
Agire senza alcun freno inibitore, in molti sensi: reagire in maniera veemente; assumere un comportamento spregiudicato; darsi a spese pazze, al divertimento sfrenato; liberarsi da vincoli condizionanti, etc.. L'allegoria è derivata dal cavallo che, senza cavezza, rimane libero di sgroppare, correre e saltare.

Scèccu arrinàtu.
Asino trainato.

Inetto, incapace, che vive protetto o sostenuto o mantenuto da qualcuno.

Spagghiàri acqua cu la tradènta.
Lanciare acqua in aria con il tridente
.
Compiere un'operazione inutile; faticare senza metodo e quindi senza risultati; concludere affari controproducenti. Modo di dire usato, generalmente, con ironia (per intendere compiutamente l'allegoria, vedi Dizionario, spagghiàri), essendo ovvio che il tridente, per sua composizione, è idoneo solo a raccogliere materiale di consistenza solida o comunque compattabile, non certamente di consistenza liquida.